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FIGLI E PARENTI DI ARTISTI 
 
In passato i padri non avevano il potere di raccomandare il proprio figlio come avviene invece molto facilmente oggi. Se un genitore era un bravissimo artista, ma il figlio no, il massimo che poteva fare era tenerlo con sé in bottega. Al grande pittore veneto Tiziano Vecellio (1485-1576) per esempio capitò di avere un figlio, Orazio, che non seppe mai farsi strada da solo (con suo grande dispiacere) e anche Marco, suo nipote prediletto, ebbe la stessa sorte, seppure aiutò lo zio nei viaggi a Roma e in Germania; anche il figlio di Marco, chiamato in onore del parente più famoso, "Tizianello", nonostante praticò la professione di pittore, praticamente è sconosciuto.  
Non bastò quindi essere figlio o nipote di Tiziano per avere raccomandazioni dai grandi signori del passato, cosa che si sà, invece è oggi garanzia di una meravigliosa carriera.  
Essere figli di artisti significava solo essere agevolati perchè nati in una famiglia benestante e quindi con la possibilità di studiare in una bottega (ovviamente a pagamento).  
Giovanni Bellini, Parmigianino, Correggio, Annibale Carracci, Canaletto e altri figli d'arte famosi, crebbero in una bottega gestita dai loro parenti e ciò permise al loro talento di svilupparsi senza troppi problemi, tutti però dovettero ad un certo punto allontanarsi dalla bottega di famiglia per farsi le ossa da soli.  
Essere parenti o amici di pittori di fama sicuramente poteva aiutare gli artisti (vedi l'articolo: Sebastiano del Piombo e i disegni di Michelangelo), ma solo per non cadere nel dimenticatoio ed essere ricordati come mediocri raccomandati.  
(FAGR 7-1-12)  
Allegoria del tempo e della saggezza di Tiziano Vecellio  
A sinistra Tiziano Vecellio, al centro Orazio Vecellio e a destra Marco Vecellio