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ANTONELLO DA MESSINA 
 
Su Antonello da Messina si possiedono poche notizie biografiche. Nato a Messina intorno al 1430, muore stando a Vasari, di tisi nel 1479. Figlio di Giovanni d’Antonio, uno scalpellino o marmoraro, e di Garita, sembra che avesse un nonno capitano di Vascello. Nel 1455 ca., si sposa con Giovanna Cuminella, la quale nel 1456, gli darà un figlio, Jacobello, che diventerà anch’egli pittore. La sua formazione artistica avverrà a Napoli presso Colantonio, pittore attento alle novità fiamminghe, e a questa impronta l’artista aggiunge quella dello stile razionale di Piero della Francesca, che forse incontra nel 1460 a Roma. Nonostante la sua attività vada circoscritta alla Sicilia, i viaggi di Antonello al nord costituiscono fondamentali nodi di scambio per l’arte italiana. A Venezia, dove soggiorna tra il 1475 e il 1476, lascia opere come la “Pala di San Cassiano”, che assumeranno un valore rivoluzionario nella pittura di Giovanni Bellini, di Giorgione e di molti altri artisti minori. Nella città lagunare diventò tanto famoso che si creò la leggenda dell’introduzione da parte sua in pittura della tecnica a olio, di cui era indiscusso maestro. A Napoli dove egli seppe come a Venezia divulgare la sua competenza tecnica nel comporre spazialmente un quadro e riprodurre il mondo esterno con un realismo quasi fotografico, fu osannato anche per la sua originalità compositiva. Molti elogi ebbe anche da cronisti e poeti del suo tempo. Con un nonno capitano di mare si pensa abbia compiuto altri viaggi, ma ufficialmente registrati furono solo a Venezia e a Napoli. 
In Sicilia la sua bottega risulta essere all’epoca la più fiorente e attiva, e ciò è confermato anche dalla corposa eredità che Antonello lascia alla sua morte. Nella bottega dell’artista lavoravano con lui oltre il figlio, anche il fratello, lo zio e il padre. Nella sua vita Antonello eseguì numerosi ritratti in stile commemorativo, tutti fatti ad uomini, mentre le figure femminili sono nella sua arte relegate alle Vergini Annunciate, le quali sembrano incarnare nelle loro bellissime espressioni, maggiore realismo e spontaneità che nei ritratti maschili. Per ritrarre le Madonne, come ha rilevato Sciascia, si ispirò alle donne della sua terra, infatti portano gli stessi veli e si mostrano con gli stessi atteggiamenti gestuali che hanno sempre un valore simbolico. La sua attenzione nei ritratti e nelle Madonne, fu rivolta a rendere umanità e emozioni in una compostezza sempre controllata. 
Un capitolo a parte nella produzione di Antonello da Messina è costituito dalle tavole che si riferiscono alla passione di Cristo, dove il pathos è il primo pensiero del pittore. Qui l’artista offre un’interpretazione eroica della figura umana e l’espressione sofferente del Cristo, si rivolge allo spettatore suggerendo la meditazione.  
A causa della fiorente bottega di famiglia che riprodusse con esiti mediocri le formule iconografiche di Antonello fino al Cinquecento inoltrato, le opere attendibili attribuibili con certezza al pittore sono scarse. Parenti, tra cui il figlio Jacobello che terminò le opere del padre, e allievi, ripresero soprattutto il filone dei ritratti.