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INSULTI? NO, SOPRANNOMI! 
 
Vi sono fatti nella vita che possono segnarci per l'eternità. E' un pensiero agghiacciante, ma è quello che è accaduto ai pittori che eseguendo un soggetto particolare in un quadro o compiendo un'opera qualsiasi, si sono senza volerlo incollati addosso il soprannome con cui ancora oggi noi li ricordiamo.  
Daniele Ricciarelli, conosciuto anche come Daniele da Volterra, dopo aver ricevuto l'incarico da Pio V di coprire le parti intime dei nudi eseguiti da Michelangelo nella Cappella Sistina, si ritrovò addosso il soprannome di “Braghettone”.  
A segnare per l'eternita potevano essere però anche atteggiamenti tipici del carattere. Lorenzo Luzzo, un giovane collaborato del Giorgione, si conquistò il soprannome di “Morto" da Feltre a causa del suo temperamento malinconico e anche per il suo passare la maggior parte del tempo nei cunicoli sotterranei degli scavi della Domus Aurea di Roma e nella villa Adriana di Tivoli.  
Spesso comunque per il formarsi dei soprannomi, si poteva incolpare solo la dea bendata.  
Tra i pittori peggio trattati dalla mania di dare questi nomiglioli, vi fu Lorenzo di Pietro, pittore e scultore italiano (1412-1480) che prese prima il soprannome di “il Vecchietta”, poco lusinghiero se si considera il senso “femminile” della parola e in seguito avendo lavorato per lungo tempo all'Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, si conquistò anche il secondo ovvero: “Pittor dello spedale”!  
Purtroppo alle volte i soprannomi venivano tramandati persino come eredità e così Francesco di Stefano (1422-1457), venne chiamato il Pesellino a causa del nonno materno che gli insegnò a dipingere, chiamato da tutti il Pesello (Giuliano d'Arrigo 1367-1446).  
Spesso gli appellativi degli artisti derivavano luogo di nascita o di provenienza come ad esempio Giulio Pippi, ora noto come Giulio Romano perchè da Roma si trasferì a Mantova e come lui, tantissimi altri, tra cui il “Pordenone”, il cui vero nome era Giovan Antonio De' Sacchis o il “Volterrano”, soprannome di Baldassarre Franceschini.  
Il poco interesse del passato per il cognome esatto dei pittori, crea ancora oggi non poca confusione nella storia dell'arte, ad esempio non sappiamo più se il pittore fiorentino Pietro Torrigiani(1472-1528) faceva di cognome veramente Torrigiani o era invece Torrigiano oppure Torrisano come veniva comunemente chiamato. Non si conosce nemmeno il perchè della sformatura del cognome di Raffaello, da Santi a “Sanzio”. Il Bronzino (soprannome dovuto al tipo di pittura usato dall'artista), si chiamava di cognome Tori o Allori? Non lo sapremo mai.  
Un'altra pratica comune era attribuire un soprannome in base anche al lavoro del padre dell'interessato: “Micco spadaro” (Gargiulo Domenico, 1609-1675), era figlio di un armaiolo, Tintoretto (Jacopo Robusti) di un tintore di stoffe, l'Ortolano (Giovan Battista Benvenuti, 1487-1527), di un venditore di verdure e così, molti altri.  
Bernardino Bartelli (1548-1612) ottenne non uno, ma ben quattro soprannomi: Poccetti, Bernardino delle Muse, Bernardino delle facciate e Bernardino delle grottesche. Stesso destino ebbe il pittore Guido di Pietro che per essere nato nei pressi di Mugello, fu detto all'inizio Guido da Mugello poi per aver dipinto a Fiesole, divenne Guido da Fiesole e inseguito dopo essere stato frate e priore di un convento domenicano, venne soprannominato Beato Angelico.  
Alcuni di questi appellativi come quello dato a Sebastiano Luciani, detto del Piombo, erano divertenti, altri denigranti come il Bove al Domenichino o quello di Bernardino di Betto (1454-1513) detto il Pinturicchio per la sua statura bassa paragonata a quella dell'uccellino omonimo, ma ve ne erano anche di raccappriccianti come quello capitato ad Andrea del Castagno (Castagno, luogo di provenienza), il quale dopo aver dipinto degli impiccati, fu da tutti chiamato Andrea degli Impiccati.  
Contenti o scontenti, gli artisti del passato accettavano con rassegnazione i nomi d'arte imposti come destino a cui non potevano sottrarsi.  
(FAGR 11-11-09) 
 
Morto da Feltre