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PITTURA OMNIA rivista della FAGR
LE NUMEROSE LETTERE DI VAN GOGH 
 
Le lettere, tra gli scritti cartacei del passato, sono le testimonianze più importanti per comprendere a fondo le personalità vissute prima di noi. A differenza dei documenti storici capaci di ricostruire con precisione le vicende lavorative e tutto quanto riguarda i movimenti pubblici di un uomo, gli epistolari, pur non dandoci prove certe su date e fatti, ci mostrano però la vita privata con i lati più nascosti di chi si vuole studiare.  
Vincent Van Gogh ad esempio, scrisse molte lettere al fratello Theo in cui scopriamo non solo il suo carattere inquieto o quanto adorava il pittore Rembrandt, ma anche come dipendesse economicamente esclusivamente dal portafoglio del fratello. Dal un punto di vista sociologico questo fatto ci mostra la società di fine Ottocento (periodo in cui visse Van Gongh) non dissimile alla nostra, almeno per come trattava gli artisti, i quali anche se con talento, senza fondi a sostenerli facevano la fame.  
Cézanne, Dégas e Berthe Morrisot venivano da ottime famiglie ottocentesche e Renoir, Monet o altri divenuti famosi, seppure con qualche difficoltà, furono sempre baciati dalla fortuna (trovavano sempre qualche collezionista pronti a non farli scivolare nel baratro della miseria), un elemento questo di non secondaria importanza nella vita di una persona.  
Dalle sue lettere, Vincent appare invece un uomo alquanto sfortunato. Le sue righe ci fanno supporre che spesso era frustrato dalla dura realtà, mai pronta a sorridergli in nessuna occasione (perfino quando si sparò dovette subire una penosa agonia perché non riuscì di mirare bene al cuore).  
Dopo aver fallito la carriera religiosa, l'arte rimase a lungo la sua unica speranza di dimostrare quanto valeva. Nelle sue lettere non si avverte mai il peso di farsi mantenere da una persona cara, ma ci si immagina che doveva sentirlo ugualmente. Amando sinceramente il fratello come poteva non desiderare di riuscire un giorno a ricompensarlo?  
Vi sono ventidue lettere scritte da Van Gogh all'amico pittore Emile Bernard che provano con entusiasmi illimitati quanto l'arte per questo pittore fosse l'unica maniera per sentirsi vivo e di provare orgoglio per se stesso. La sua scelta di darsi all'arte fu totalitaria, simile a quella del sacerdozio presa in precedenza e nulla di questo sarebbe mai trapelato dai suoi quadri o dai documenti che registrano i suoi spostamenti da una città all'altra (ne tantomeno le date dei suoi ricoveri in ospedali psichiatrici). Solo gli scritti di suo pugno ci rivelano tutto il suo incontenibile ardore provocato dal visitare le opere artistiche dei suoi pittori preferiti: Rembrandt, Millet o Delacroix.  
Tutte le lettere di Vincent Van Gogh così piene di positività, ci fanno intuire quanta delusione deve aver provato con il passare del tempo nel non riuscire a vivere vendendo i suoi quadri (nella sua vita ne vendette solamente uno). Viene così dopo spontaneo pensare che egli si spense il 29 luglio del 1890 solo dopo essersi sentito tradito dal suo grande amore: l'arte.  
La sua fu una scelta sociale coraggiosa, il grande maestro si rifiutò sempre di abbassarsi a lavori che non sentiva adatti a se, ma il fallimento che gravò dopo sulle sue spalle, lo distrusse completamente.  
(FAGR 11-4-11)  
 
Van Gogh "Autoritratto"