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CARPACCIO 
 
In una data imprecisata fra il 1460 e il 1465, nasce a Venezia Vittore Carpaccio, un pittore della cui vicenda privata si sa poco. La sua morte avvenuta tra il 1525 e il 1526, è accertata in questo periodo per l’esistenza di un documento del 1527 che designa Laura come vedova di Vittore Carpaccio. L’origine dell’artista è stata chiarita con la ricostruzione dell’albero genealogico della sua famiglia, in passato denominata Scarpazza. Il ramo da cui discende il pittore risiedeva a Venezia dal Trecento. Egli si firmava a volte “Vetor Scarpazo” e altre usava il soprannome “Scarpazza”, che in città manteneva un valore dispregiativo. Carpaccio usava spesso anche il nome latinizzato “Carpathius”, che in passato aveva indotto alcuni studiosi a far pensare una sua provenienza dall’isola greca Carpathius. Ogni altra notizia su di lui è stata dedotta dalla sua evoluzione artistica e da fatti posteriori alla sua vita.  
Egli affidò alla propria arte il compito di trasformare in immagini gli umori del suo tempo e di ritrarre i volti della società in cui viveva. Esordì sulla scena artistica con uno stile già compiuto, che tradisce la suggestione di maestri quali Gentile Bellini, di cui forse fu collaboratore, e Antonello da Messina, oltre che della pittura umbra. Nelle sue opere, la sua precisa costruzione prospettica, all’interno della quale il colore e la luce s’inseriscono creando un’atmosfera particolare, proviene dalla lezione di Piero della Francesca mediata attraverso l’ambiente artistico ferrarese. La cultura fiamminga e la sua definizione lenticolare dei dettagli e degli ambienti entrano nell’opera di Carpaccio ad amplificare lo spazio narrativo, denso di puntuali presenze simboliche. I suoi dipinti, dall’apparenza quasi favolistica, sono una cronaca figurata di avvenimenti e raccontano la precisa presa di posizione dell’artista e dei committenti per i quali si trovava a lavorare. Pittore di propaganda, egli seppe usare e dosare in ogni rappresentazione simboli che ampliavano a dismisura i significati, rivelando così la sua vasta cultura acquisita da libri illustrati italiani e tedeschi. Carpaccio conosceva bene la tradizione cavalleresca del poema cortese, l’araldica, l’agiografia, i bestiari e gli erbari; era in grado di riprodurre con precisione iscrizioni ebraiche e testi musicali, e il tutto veniva nella sua opera interpretato con una laboriosità quasi artigiana per la minuzia e la resa dei particolari. 
Negli ultimi anni della maturità la sua bottega fu affollata di aiuti a cui l’artista lasciava a volte anche l’intera esecuzione di alcune committenze: in questa folta schiera di allievi compaiono anche i figli, Benedetto e Pietro, i quali però non ereditarono il genio del padre. Sarà Lorenzo Lotto a servirsi di spunti tratti dalla sua opera per creare un arte anticlassica, in aperta polemica con quella del grande e fastoso Tiziano. Anche il Veronese studierà a fondo Carpaccio: nella sua pittura torna l’importanza per i dettagli, torna il racconto come gioia per gli occhi e tornano le grandi figure allegoriche, il cui significato si svela direttamente alla visione e all’intelletto. Nel Settecento Pietro Longhi riprenderà il gusto di Carpaccio per la descrizione minuziosa degli interni domestici con l’attenzione particolare ai suppellettili, immortalando le ricche case dei patrizi veneziani, e Giovanni Antonio Canal (detto Canaletto) con Francesco Guardi, si ispireranno all’esuberanza dei suoi sfondi architettonici per dipingere magnifiche tele con vedute di Venezia. 
Tra i suoi lavori più ammirati vi è Duello di San Giorgio e il drago (1501-02, Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni), dove esalta l’ideale di un eroe senza tempo, giunto da lontano per ristabilire l’ordine in un mondo in pericolo. Carpaccio ricostruì per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni la storia di San Giorgio in due dipinti, dopo il Duello, la felice conclusione della vicenda è in San Giorgio uccide il drago (1502-07), splendida opera dall’ambiente esotico dove si muovono minuti personaggi. Oltre la storia del santo omonimo, al complesso ciclo di San Giorgio degli Schiavoni appartengono anche altri dipinti relativi a San Gerolamo e San Trifone, più due scene sulla Chiamata di San Matteo e la Preghiera nell’orto di Getsemani. 
Per la Scuola di Sant’Orsola (un sodalizio tra nobili), il maestro dipinse la storia di Sant’Orsola in nove tele, raffigurando scene di cortei, di processioni e di cerimoniali che tanto piacevano al pubblico veneziano. Carpaccio ricostruisce qui edifici mai visti, studia abiti, copricapo, animali, per popolare un mondo che non vuole affatto essere fantastico, poiché la storia che cela è reale. Nelle vicende della giovane principessa dai lunghi capelli biondi, promessa sposa di un principe inglese e uccisa a Colonia dagli Unni insieme alle vergini che l’avevano accompagnata in pellegrinaggio a Roma, si insinua la storia contemporanea di Venezia, occupata dalla lotta contro i Turchi. Negli ultimi anni di vita Carpaccio continuerà laborioso a dipingere storie restando sempre fedele al suo stile, anche quando risulterà attardato rispetto alle conquiste di Tiziano. I suoi committenti non saranno più però le potenti Schole veneziane, ma le piccole chiese di provincia.